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lunedì 21 marzo 2016

CONCERTO IN SINAGOGA: RAIZ & RADICANTO - Napoli, 24 gennaio 2016


Domenica 24 gennaio nei locali della Comunità di Napoli è partita l’iniziativa culturale “Concerti in Sinagoga”. Il primo concerto è stato YAM GADOL, tenuto dal gruppo Raiz e Radicanto, un incontro tra la musica ebraico-sefardita e la canzone napoletana.
Non è un caso, come giustamente ha fatto notare il Rabbino Umberto Piperno, che questa iniziativa sia partita dalla città partenopea, culla del bel canto, la cui musica è conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo. La musica e il canto costituiscono un elemento ancestrale dell’animo umano, trascinano l’anima verso una più elevata spiritualità, facendo avvicinare l’uomo a D-o. E non è un caso se il canto ricopre una funzione determinante nella liturgia ebraica: la Cantica del Mare, elevata dl popolo di Israel sulle rive del Mar Rosso, ne è la più antica traccia nella Torah.
Il mare che bagna Napoli è il collante che tiene uniti popoli e culture di quest’area geografica. Il Mediterraneo è la grande madre, il suo bacino è il ventre generoso che ha partorito le più antiche civiltà del passato, l’ombelico del mondo. Sulle sue sponde si sono sviluppate le tre religioni monoteistiche: l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam. Un antico detto napoletano dice “Le dita della mano non sono tutte uguali” riferendosi ai figli che, anche se partoriti dalla stessa madre possono avere caratteristiche fisiche e tratti caratteriali diversi. Così i popoli del Mediterraneo, anche se diversi gli uni dagli altri, hanno un elemento culturale comune: la musica, il canto. Nei temi musicali di quest’area geografica si riscontra un filo conduttore che lega le diverse culture, un cordone ombelicale che unisce i diversi figli alla madre, esprimendo attraverso le melodie sensazioni comuni.
L’evento musicale è stato accolto dalla cittadinanza con grande entusiasmo: la Sinagoga di Napoli, suggestiva nel suo aspetto ottocentesco, era traboccante di gente. Grande la soddisfazione dei Consiglieri che hanno collaborato all’organizzazione della serata, un segno tangibile dell’apertura della nostra comunità verso il mondo esterno in un abbraccio di conoscenza reciproca. La Sinagoga si è trasformata in una “Casa di musica”: lo spettatore è stato trascinato in un viaggio attraverso la ritmicità, fra cantighe sefardite, preghiere sinagogali, canzoni napoletane e ritmi nordafricani e mediorientali, linguaggi che s’inseguono come le note sul pentagramma.
Raiz, napoletano convertito all’ebraismo, è lo specchio della nostra comunità, composta come lui da molti conversos. Quando, durante la serata, ha intonato il canto “Ki eshmerà Shabath” la melodia rispecchiava il suo ideale ebraico: “Siccome io custodisco il giorno di Shabath D-o mi custodirà, è un segno eterno tra Lui e me”. Raiz è “shomer shabath” e come tale egli rifiuta categoricamente di fare spettacoli il venerdì sera. Certo, questa sua scelta all’inizio gli ha procurato notevoli problemi, soprattutto con il suo agente, ma questo fa di lui un motivo di orgoglio per tutta la comunità napoletana. La voce viscerale di Raiz, intrecciandosi nel corso della serata con la dolcezza del canto di Fabrizio Tiepoli (Radicanto) hanno reso l’essenza delle diverse anime musicali. L’alta musicalità delle struggenti melodie sefardite, esprimendosi attraverso la voce di Fabrizio Tiepoli ci ha trasportati nel mondo scomparso della cultura sefardita.
L’omaggio fatto da Raiz alla memoria del cantante napoletano Sergio Bruni con il brano “Nun te scurdà” rispecchia il suo rapporto con la canzone classica napoletana che, se pur travagliato negli anni della sua gioventù, ha raggiunto con la maturità un sano equilibrio, portandolo a riappropriarsi delle proprie radici canore.
A conclusione, vorrei riportare il messaggio lasciato da Raiz: “Ai quattro angoli del Mare Nostrum si suona musica bellissima. Provare a suonare musica pan-mediterranea significa anche sognare una regione finalmente libera dai conflitti e dal razzismo, in cui i popoli si confrontano invece di scontrarsi. Ci vorrebbe una lenta e profonda rieducazione al mutuo riconoscimento e alla convivenza reciproca. Le canzoni non fanno certo le rivoluzioni, ma contribuiscono a creare un clima culturale favorevole ai cambiamenti positivi o almeno ci provano”.


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