Il 5 maggio, in
gemellaggio tra il Comune di Bacoli e la Comunità ebraica di Napoli, si è
svolta la commemorazione del kibbutz Mechor Baruch, luogo di accoglienza durante
l’inverno 1945-46 per un gruppo di ebrei reduci dai campi di sterminio nazisti.
Pochi conoscono
le vicende di questi profughi che presso la cittadina di Bacoli, a pochi
chilometri da Napoli, trovarono un’oasi di pace dopo le sofferenze patite, per
poi imbarcarsi clandestinamente alla volta di Eretz Israel.
La riscoperta
di questa vicenda è dovuta al Sig. Samuele Guardascione, che nel corso degli
anni ha messo insieme tutto il materiale ancora disponibile: foto e
testimonianze raccolte dagli ultimi protagonisti ancora in vita, sia tra i suoi
concittadini sia tra i profughi ed i loro discendenti in Israel. Con il suo
lavoro certosino è riuscito a farci conoscere una storia straordinaria di accoglienza
e umanità.
L’evento è nato
da un’idea del consigliere della Comunità Ebraica Ciro Moses D’Avino, quando
circa un mese fa il Sig. Samuele Guardascione gli aveva comunicato l’arrivo in
Italia dei figli di un membro del Kibbutz Mechor Baruch, i Sigg. Wies, che avevano
espresso il desiderio di vedere il luogo in cui il padre aveva soggiornato
prima di fare l’aliah in Israele. Si è preso da qui lo spunto per dare alla
visita un carattere ufficioso, ma anche per far conoscere ad un vasto pubblico
una pagina di storia sommersa.
A Villa Scalera
tra il 1945 e il settembre 1946 furono alloggiati circa novanta ebrei reduci
dai campi di sterminio, tutti giovani a partire dai sedici anni. Il viaggio
dalla Germania, la permanenza a Bacoli, il successivo trasferimento clandestino
in Eretz Israel, tutto fu organizzato e
gestito dal Mossad, durante quella che venne chiamata aliah bet. La scelta di Bacoli
è da ricercare in due caratteristiche importanti che contraddistinguono la
località: il suo isolamento geografico dovuto alle caratteristiche del
territorio, che permetteva di non essere troppo visibili ad occhi indiscreti e
la vicinanza a Napoli, un grosso centro con la presenza di una comunità ebraica
organizzata.
L’edificio era
stato requisito dal Ministero della Guerra il 25 luglio 1943 alla famiglia
Scalera, compromessa col regime fascista; era stato adattato per accogliere i
profughi: oltre i dormitori vi erano locali adibiti a diverse funzioni. La sala
più grande fu destinata a sinagoga e le sue pareti furono decorate; negli
ultimi lavori di ristrutturazione è stata ritrovata una lapide sulla quale era
incisa una stella di Davide. Le condizioni dei locali, anche se non ottimali,
permisero un soggiorno dignitoso ai profughi.
Nella primavera
del 1946 fu celebrato un matrimonio, a cui per l’occasione partecipò anche il
sindaco di Bacoli, l’avvocato Ernesto Schiano. La vita per queste persone
sembrava scorrere in pace e tranquillità, un giusto premio dopo le atrocità
subite durante il conflitto.
Il loro
soggiorno però fu funestato da un evento tragico: una notte un ladro si
introdusse all’interno della villa; vistosi scoperto, prima di fuggire esplose
alcuni colpi di arma da fuoco uccidendo uno dei rifugiati ebrei. Dove fu
seppellito il suo corpo? Non è dato saperlo. E neanche la sua identità: di lui
resta solo il ricordo nella memoria dei Bacolesi, che ancora oggi sono
amareggiati per il tragico episodio che ha gettato un’ombra oscura sulla storia
del soggiorno degli ebrei.
Durante il mese
di luglio del 1946, giunse a Villa Scalera un altro gruppo, formato da 183
persone provenienti dai campi di S. Maria
di Leuca e di
S. Maria al Bagno. Questo gruppo lasciò Bacoli la sera del 5 agosto 1946, si
imbarcò nel porto di Miseno sulla goletta francese Ideros e giunse in Israele
la notte del 16 agosto, sbarcando a Sdot Yam, presso Cesarea. La storia di questo
viaggio è conosciuta in Israel, in quanto fu il primo sbarco clandestino andato
a buon fine, contravvenendo al blocco sull’immigrazione ebraica imposto dalle
autorità britanniche.
L’altro gruppo
di ebrei presenti a Bacoli, partì il 21 agosto. Furono trasferiti con camion
militari nella località ligure di Bocca di Magra, dove insieme ad altri 900
profughi furono imbarcati sulla nave Fede, che era stata rinominata Harba
Heraiot. Dopo 10 giorni di navigazione la nave giunse a Haifa ma, intercettata
dai Britannici, fu dirottata a Cipro: tutti i passeggeri furono internati in un
campo e solo successivamente, alla spicciolata, riuscirono a raggiungere Eretz
Israel.
La partenza da
Bacoli fu improvvisa e segreta, tanto che gli stessi profughi non ne erano
stati informati. Giuseppe Di Fraia, oggi 87enne, il ragazzo bacolese che si
prestava ad accendere e spegnere le luci durante lo Shabbat, la mattina di sabato
21 agosto 1946, quando si recò nella villa per svolgere le sue funzioni, trovò inspiegabilmente
i locali vuoti: tutti erano partiti all’improvviso.
Nella cornice
incantevole di questa splendida villa, adibita attualmente ad eventi privati,
la mattina del 5 maggio del 2016 è partito l’evento. Grande è stata la partecipazione
di pubblico: erano presenti, oltre ad alcuni rappresentanti della Comunità Ebraica
di Napoli tra cui il presidente Lydia Schapirer, il Sig. Samuele Guardascione,
il sindaco di Bacoli Josi Gerardo Della Ragione, il presidente dell’Associazione
Italia-Israele nonché giornalista del quotidiano il Mattino, Dott. Giuseppe
Crimaldi, lo scrittore e giornalista Nico Pirozzi.
Il ricercatore
Samuele Guardascione ha tracciato a larghe linee la storia del Kibbutz Mechor Baruch
e dei suoi membri e dei loro rapporti con la popolazione bacolese.
Davanti al
pubblico presente, sulla terrazza prospiciente il mare è stata effettuata
l’accensione di 6 lumi portati per l’occasione dalla famiglia Wies,
simboleggianti i 6 milioni di ebrei innocenti trucidati durante la shoah.
Il Sindaco di
Bacoli, il più giovane d’Italia, ha sottolineato la predisposizione di quest’area
geografica a rifugio di genti nel corso della storia: prima gli antichi Greci;
successivamente gli ebrei ed i marrani, che fuggirono da Napoli dopo
l’espulsione del 1511 e trovarono in questi luoghi allora disabitati un asilo
sicuro dal pericolo dell’inquisizione; infine, nell’ultimo periodo storico, i
superstiti dei campi di sterminio.
Nel pomeriggio l’evento
è proseguito nella sede della Comunità Ebraica di Napoli, dove alla proiezione
delle foto d’epoca sui profughi di Bacoli commentate dal Sig. Guardascione è
seguito un dibattito che ha coinvolto i membri della comunità.
La giornata si
è conclusa con la richiesta di Arik, Sarah e Cheva Wies di recitare il kaddish
a memoria del loro caro e di tutti coloro che erano scomparsi durante la shoah.
Villa Scalera nel 1945 |
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