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lunedì 23 maggio 2016

IL KIBBUTZ MECHOR BARUCH - di Ciro Moses D’Avino



Il 5 maggio, in gemellaggio tra il Comune di Bacoli e la Comunità ebraica di Napoli, si è svolta la commemorazione del kibbutz Mechor Baruch, luogo di accoglienza durante l’inverno 1945-46 per un gruppo di ebrei reduci dai campi di sterminio nazisti.
Pochi conoscono le vicende di questi profughi che presso la cittadina di Bacoli, a pochi chilometri da Napoli, trovarono un’oasi di pace dopo le sofferenze patite, per poi imbarcarsi clandestinamente alla volta di Eretz Israel.
La riscoperta di questa vicenda è dovuta al Sig. Samuele Guardascione, che nel corso degli anni ha messo insieme tutto il materiale ancora disponibile: foto e testimonianze raccolte dagli ultimi protagonisti ancora in vita, sia tra i suoi concittadini sia tra i profughi ed i loro discendenti in Israel. Con il suo lavoro certosino è riuscito a farci conoscere una storia straordinaria di accoglienza e umanità.
L’evento è nato da un’idea del consigliere della Comunità Ebraica Ciro Moses D’Avino, quando circa un mese fa il Sig. Samuele Guardascione gli aveva comunicato l’arrivo in Italia dei figli di un membro del Kibbutz Mechor Baruch, i Sigg. Wies, che avevano espresso il desiderio di vedere il luogo in cui il padre aveva soggiornato prima di fare l’aliah in Israele. Si è preso da qui lo spunto per dare alla visita un carattere ufficioso, ma anche per far conoscere ad un vasto pubblico una pagina di storia sommersa.
A Villa Scalera tra il 1945 e il settembre 1946 furono alloggiati circa novanta ebrei reduci dai campi di sterminio, tutti giovani a partire dai sedici anni. Il viaggio dalla Germania, la permanenza a Bacoli, il successivo trasferimento clandestino in Eretz Israel, tutto fu organizzato e gestito dal Mossad, durante quella che venne chiamata aliah bet. La scelta di Bacoli è da ricercare in due caratteristiche importanti che contraddistinguono la località: il suo isolamento geografico dovuto alle caratteristiche del territorio, che permetteva di non essere troppo visibili ad occhi indiscreti e la vicinanza a Napoli, un grosso centro con la presenza di una comunità ebraica organizzata.
L’edificio era stato requisito dal Ministero della Guerra il 25 luglio 1943 alla famiglia Scalera, compromessa col regime fascista; era stato adattato per accogliere i profughi: oltre i dormitori vi erano locali adibiti a diverse funzioni. La sala più grande fu destinata a sinagoga e le sue pareti furono decorate; negli ultimi lavori di ristrutturazione è stata ritrovata una lapide sulla quale era incisa una stella di Davide. Le condizioni dei locali, anche se non ottimali, permisero un soggiorno dignitoso ai profughi.
Nella primavera del 1946 fu celebrato un matrimonio, a cui per l’occasione partecipò anche il sindaco di Bacoli, l’avvocato Ernesto Schiano. La vita per queste persone sembrava scorrere in pace e tranquillità, un giusto premio dopo le atrocità subite durante il conflitto.
Il loro soggiorno però fu funestato da un evento tragico: una notte un ladro si introdusse all’interno della villa; vistosi scoperto, prima di fuggire esplose alcuni colpi di arma da fuoco uccidendo uno dei rifugiati ebrei. Dove fu seppellito il suo corpo? Non è dato saperlo. E neanche la sua identità: di lui resta solo il ricordo nella memoria dei Bacolesi, che ancora oggi sono amareggiati per il tragico episodio che ha gettato un’ombra oscura sulla storia del soggiorno degli ebrei.
Durante il mese di luglio del 1946, giunse a Villa Scalera un altro gruppo, formato da 183 persone provenienti dai campi di S. Maria
di Leuca e di S. Maria al Bagno. Questo gruppo lasciò Bacoli la sera del 5 agosto 1946, si imbarcò nel porto di Miseno sulla goletta francese Ideros e giunse in Israele la notte del 16 agosto, sbarcando a Sdot Yam, presso Cesarea. La storia di questo viaggio è conosciuta in Israel, in quanto fu il primo sbarco clandestino andato a buon fine, contravvenendo al blocco sull’immigrazione ebraica imposto dalle autorità britanniche.
L’altro gruppo di ebrei presenti a Bacoli, partì il 21 agosto. Furono trasferiti con camion militari nella località ligure di Bocca di Magra, dove insieme ad altri 900 profughi furono imbarcati sulla nave Fede, che era stata rinominata Harba Heraiot. Dopo 10 giorni di navigazione la nave giunse a Haifa ma, intercettata dai Britannici, fu dirottata a Cipro: tutti i passeggeri furono internati in un campo e solo successivamente, alla spicciolata, riuscirono a raggiungere Eretz Israel.
La partenza da Bacoli fu improvvisa e segreta, tanto che gli stessi profughi non ne erano stati informati. Giuseppe Di Fraia, oggi 87enne, il ragazzo bacolese che si prestava ad accendere e spegnere le luci durante lo Shabbat, la mattina di sabato 21 agosto 1946, quando si recò nella villa per svolgere le sue funzioni, trovò inspiegabilmente i locali vuoti: tutti erano partiti all’improvviso.
Nella cornice incantevole di questa splendida villa, adibita attualmente ad eventi privati, la mattina del 5 maggio del 2016 è partito l’evento. Grande è stata la partecipazione di pubblico: erano presenti, oltre ad alcuni rappresentanti della Comunità Ebraica di Napoli tra cui il presidente Lydia Schapirer, il Sig. Samuele Guardascione, il sindaco di Bacoli Josi Gerardo Della Ragione, il presidente dell’Associazione Italia-Israele nonché giornalista del quotidiano il Mattino, Dott. Giuseppe Crimaldi, lo scrittore e giornalista Nico Pirozzi.
Il ricercatore Samuele Guardascione ha tracciato a larghe linee la storia del Kibbutz Mechor Baruch e dei suoi membri e dei loro rapporti con la popolazione bacolese.
Davanti al pubblico presente, sulla terrazza prospiciente il mare è stata effettuata l’accensione di 6 lumi portati per l’occasione dalla famiglia Wies, simboleggianti i 6 milioni di ebrei innocenti trucidati durante la shoah.
Il Sindaco di Bacoli, il più giovane d’Italia, ha sottolineato la predisposizione di quest’area geografica a rifugio di genti nel corso della storia: prima gli antichi Greci; successivamente gli ebrei ed i marrani, che fuggirono da Napoli dopo l’espulsione del 1511 e trovarono in questi luoghi allora disabitati un asilo sicuro dal pericolo dell’inquisizione; infine, nell’ultimo periodo storico, i superstiti dei campi di sterminio.
Nel pomeriggio l’evento è proseguito nella sede della Comunità Ebraica di Napoli, dove alla proiezione delle foto d’epoca sui profughi di Bacoli commentate dal Sig. Guardascione è seguito un dibattito che ha coinvolto i membri della comunità.
La giornata si è conclusa con la richiesta di Arik, Sarah e Cheva Wies di recitare il kaddish a memoria del loro caro e di tutti coloro che erano scomparsi durante la shoah.




Villa Scalera nel 1945













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