È
importante chiedersi se dopo il 1541, anno della cacciata definitiva degli
Ebrei dall’Italia Meridionale con l’espulsione delle ultime famiglie residenti
a Napoli, sia stata ancora documentata una presenza ebraica sul territorio. A
questa domanda ho cercato di dare una risposta nel corso delle mie ricerche,
analizzando il singolare fenomeno del criptogiudaismo, meglio conosciuto
come marranesimo, all’accorata ricerca di quel che restava dell’antico ebraismo
meridionale.
Questo
fenomeno ha interessato singoli individui, famiglie ed intere comunità che, con
il passar del tempo, mantenevano una segreta fedeltà all’ebraismo. La parola marrano
designava in lingua spagnola il maiale, nell’accezione spregiativa del termine
e con quest’appellativo venivano indicati quegli Ebrei spagnoli, portoghesi e
dell’Italia Meridionale che avevano accettato il battesimo e che costituivano
una cospicua fetta della comunità ebraica. Ma il termine ebraico per definirli
è anusim, i costretti.
Il
marranesimo fu un fenomeno legato alla grande ondata di conversioni che scosse
il mondo ebraico a partire dalla fine del 1200 e che raggiunse in Italia i
livelli più elevati in due momenti storici ben precisi: nel 1492 con l’editto
d’espulsione degli Ebrei siciliani e sardi e nel 1511 con la cacciata dal Regno
di Napoli.
Durante
tali campagne conversionistiche, che spingevano o più concretamente
costringevano gli Ebrei ad abbracciare il cristianesimo, ebbero un ruolo di
primo piano gli ordini mendicanti, tra i quali si distinse per il suo zelo
quello dei Domenicani.
I
novelli cristiani furono, comunque, oggetto di numerose misure repressive anche
dopo la conversione, in certi casi annullando i benefici ottenuti col passaggio
alla nuova religione.
Tra
le misure adottate nei confronti dei marrani era l’obbligo di risiedere in aree
lontane da quelle
in
cui vivevano i loro vecchi correligionari, affinché non venissero addotti a
riabbracciare la fede avita. I legami familiari venivano in questo modo
bruscamente interrotti, lacerando i loro animi
nel
profondo.
Questi
convertiti coatti conservavano segretamente, tramandandola di generazione in
generazione, una larvata identità ebraica, anche se pubblicamente professavano
un’imposta e blanda fede cristiana.
Dopo
l’espulsione del 1511, per arginare e tenere sotto controllo la componente
marrana napoletana, il clero decise di allontanare dall’area urbana un certo
numero di famiglie la cui origine ebraica era ben nota. Esse furono relegate
sulla collina di Posillipo, dove in poco tempo si adattarono alla nuova realtà
socio-economica, trasformandosi in agricoltori e pescatori. Questa decisione
permise alla curia napoletana di ottenere immediatamente due risultati: il
primo l’isolamento della componente marrana; l’altro, il più importante, la
possibilità di un maggior controllo su di essi, avendoli concentrati in un’area
ristretta.
Fu nel
corso delle mie ricerche sulla presenza ebraica a Napoli che venni a conoscenza
dell’esistenza di una comunità marrana nella cittadina di Bacoli. E la scoperta
è di grande importanza, in quanto ci troviamo di fronte alla più consistente
concentrazione di individui di origine ebraica dell’Italia Meridionale,
migliaia di persone.
Il
marranesimo bacolese è l’unico esempio legato al territorio: le famiglie
marrane di Bacoli hanno sviluppato una propria identità collettiva salvaguardando
le antiche usanze ebraiche.
In
quale periodo è iniziata la colonizzazione di Bacoli da parte della comunità
marrana? Si pensava che il periodo fosse compreso tra la fine del 1500 e gli
inizi del 1600: allo scopo di sfuggire al controllo del clero di Napoli, alcune
famiglie avrebbero lasciato via mare la collina di Posillipo, insediandosi a
Bacoli e dando origine ad un primo nucleo nella località denominata «Poggio».
Ma questo non risponde a verità. In un atto notarile del 1591 un certo Fabrizio
Guardascione
posillipano, figlio di Filippo bacolese, vendeva un terreno nella località di
Baia,
venutogli
in eredità da suo padre. Ed è proprio a Baia, nella località denominata
Scalandrone, che si insediò il primo nucleo della componente marrana. Questo
documento ci permette di fare una scoperta storica sorprendente: l’insediamento
della componente ebraica bacolese risale alla prima metà del 1500, molto
probabilmente nel 1511, epoca della prima espulsione degli Ebrei dal meridione
d’Italia. Infatti dopo il 1511 solo a 200 famiglie benestanti, tra cui gli
Abravanel, fu permesso di risiedere nella città di Napoli. Quindi, se il
trasferimento è avvenuto nella data da me supposta, all’epoca i Bacolesi non
erano marrani ma ebrei. Essi si erano imbarcati sulle navi ed avevano inscenato
la finzione di lasciare la città, facendo così credere di allontanarsi dai
domini spagnoli, mentre in realtà si erano semplicemente rifugiati in un’area
disabitata poco lontano da Napoli dove, sconosciuti, non sarebbero stati
identificati come ebrei. Lo spostamento a Posillipo della popolazione bacolese
deve essere avvenuto nel 1538, quando l’area flegrea fu interessata dal
fenomeno del bradisismo che portò alla nascita del Monte Nuovo (28-29 settembre
1538). I Bacolesi trovarono momentaneo rifugio a Posillipo, presso la comunità
marrana con la quale avevano, molto probabilmente, antichi legami di parentela,
in quanto entrambi i gruppi provenivano dalla Giudecca di Porta Nova.
Una
prova concreta di questa mia intuizione ci proviene dai registri della chiesa
parrocchiale di S Anna, in cui non risultano né matrimoni né battesimi da parte
della componente marrana in epoca antecedente al 1704. Solo una famiglia,
quella dei Carannante, risulta iscritta nei registri della diocesi. Questa
potrebbe essere una scoperta veramente interessante: per quasi due secoli, dal
1511 al 1704, gli abitanti di Bacoli di origine ebraica erano riusciti a restare
fedeli al patto di Abramo ed è solo dopo questa data che lentamente le famiglie
marrane hanno iniziato ad allentare i loro legami con la religione avita e ad
accettare la religione dominante. Questo spiegherebbe perché molte usanze
ebraiche siano sopravvissute fino ai nostri giorni.
La
popolazione di Bacoli si mantenne omogenea fino alla seconda guerra mondiale,
non subendo sostanziali influenze dal mondo circostante. Questo isolamento
naturale ha permesso alla comunità di conservare caratteristiche proprie,
lasciando traccia delle loro pratiche religiose fino ai nostri giorni.
Figura
di spicco del gruppo è stato l’avvocato Giovanni Race, giornalista, scrittore,
storico e profondo conoscitore della storia e delle tradizioni dell’area
flegrea. Attraverso le lunghe chiacchierate che ho avuto con questo pittoresco
personaggio, uomo di grande cultura, sono venuto a conoscenza di usi e
tradizioni dei Bacolesi, che non negano le loro origini ebraiche.
Figlio
di una «marrana pura», come orgogliosamente usava definire sua madre,
l’avvocato Race è stato uno degli ultimi testimoni delle usanze della sua gente
e ne serbava il prezioso ricordo, ben consapevole di essere depositario di
un’antica coscienza storica che rischiava di finire nell’oblio
dell’omogeneizzazione della società contemporanea. Inutilmente, secondo Race,
la lunga mano del clero della diocesi di Pozzuoli, di cui Bacoli faceva parte,
ha cercato nel corso dei secoli di avere un controllo su questa gente così
testarda e così poco devota alla Chiesa Cattolica.
La
contrada di Bacoli infatti, non aveva una propria chiesa e quella attuale di S.
Anna e S. Gioacchino è stata edificata solo in epoca tarda ed imposta dal
Vescovo della diocesi di Pozzuoli. I Bacolesi avevano un particolare amore per
S. Anna e successivamente anche per S. Gioacchino, il cui culto ha chiare
origini marrane: essi vengono citati nei vangeli come genitori di Maria, madre
di Gesù, ma non hanno avuto alcun rapporto diretto con la predicazione di Gesù
e sono nati, vissuti e morti da ebrei.
La
gente che accompagnava la processione durante la celebrazione della festa di S.
Anna usava esclamare al passaggio della statua: “Bella S. Anna, è spagnola!”.
Mi sono chiesto che significato potesse avere questa espressione: forse un richiamo
alle origini sefardite di almeno una parte
della
componente marrana di Bacoli? Secondo le testimonianze raccolte dall’avvocato
Race, caratteristica dei marrani di Bacoli era la tradizionale suddivisione in
gruppi di famiglie: la gente di Abramo, di Eliseo, di Mosè ed altri. Questo
potrebbe collegarsi alla diversa origine dei gruppi ebraici esistenti
all’interno della città di Napoli che, seppur uniti nelle fede, mantenevano una
propria individualità in base alle origini geografiche o semplicemente
identificandosi con il capostipite del nucleo familiare.
Secondo
la testimonianza dell’avvocato Race, successivamente confermata dal Sig.
Samuele Guardascione, i Bacolesi praticavano il rito della circoncisione: come
d’obbligo presso tutti gli Ebrei, circoncidevano i neonati di sesso maschile a
pochi giorni dalla nascita. Questa pratica fu in uso fino alla prima metà del
‘900, ma oggi è rimasto retaggio solo di alcuni nuclei familiari portatori del
cognome «Cordova», che nel segreto delle loro abitazioni continuano a
circoncidere i bambini. La domanda che mi pongo è quanto mai ovvia: come possono
da soli fare ciò? La risposta non può essere che questa: alcuni di loro si
tramandano l’antica professione del moel, il circoncisore.
Altra
consuetudine riguardava il sabato, giorno dedicato dalla religione ebraica al
culto del Sig-re: le donne avevano l’abitudine di raccogliersi nelle corti
delle case per leggere insieme la Bibbia, in particolare passi dell’Antico
Testamento.
Caratteristica
bacolese è la diffusione dell’onomastica ebraica. Tra i nomi maschili
compaiono: Abramo, Anania, Azaria, Beniamino, Daniele, Eliseo, Ezechiele,
Emanuele, Gabriele, Giacobbe, Giacomo, Geremia, Giona, Gionata, Gioacchino,
Giosafatte, Giuda, Isaia, Matteo, Mattia, Mosè, Noè, Raffaele, Samuele, Simone,
Tobia, Zaccaria. Mentre tra quelli femminili sono frequenti: Anna, Debora,
Elisabetta, Ester, Giuditta, Lia, Miriam, Rebecca, Rachele, Sara.
Un’altra
persona che ha fornito il suo contribuito alla mia indagine storica è stato il
Sig. Samuele
Guardascione,
impiegato comunale, uomo di cultura, che ha svolto una ricerca sul transito
presso
la
cittadina di Bacoli di numerosi profughi ebrei reduci dai campi di sterminio
durante la seconda guerra mondiale. La collaborazione con il Sig. Guardascione mi
ha fornito maggiori dettagli circa gli usi della gente di Bacoli, che rivelano
una chiara e marcata origine ebraica.
Una
di queste ad esempio riguardava il periodo del mestruo: le donne usavano legare
alla gamba una striscia di stoffa, in modo da rendere palesemente nota agli
uomini la loro condizione di impurità. Terminato il periodo mestruale solevano
recarsi al mare per lavarsi, praticando in questo modo la tevilah, il
bagno rituale.
Altra
usanza era quella delle pulizie pasquali, che venivano svolte con cura
meticolosa: tutto era lavato con acqua bollente, anche il pavimento, in modo da
eliminare ogni traccia di sporco, similmente alle pulizie di Pesach
effettuate nelle case ebraiche.
I
Bacolesi erano chiamati dai loro vicini puteolani «mangia sardelle» a motivo
del fatto che mangiavano solo pesci azzurri, alici e sarde. Se veniva loro
chiesto per quale motivo non si cibassero di altre specie di pesci, molluschi,
crostacei, la risposta delle donne era che non avendo molto tempo a
disposizione, preferivano i pesci più facili da cucinare a quelli che
richiedevano una preparazione lunga. In realtà con questa risposta le donne
nascondevano agli estranei la pratica della kasheruth (norme alimentari
ebraiche, animali permessi e proibiti).
Chiaramente
ebraiche erano le usanze legate al rito della sepoltura. La salma veniva
accuratamente lavata da un uomo addetto a questa funzione ed avvolta in un
lenzuolo di lino: il trasporto al cimitero avveniva originariamente su un
catafalco, in epoca più recente in una bara, ma una volta arrivati al luogo della
sepoltura il corpo avvolto nel sudario veniva rimosso e seppellito in piena
terra. Questo è avvenuto fino al 1884. Quando moriva una persona gli specchi
della casa venivano coperti con lenzuola per evitare che l’anima vi si potesse
specchiare; inoltre veniva aperta una finestra in modo da permetterle di uscire
dalla casa senza passare dalla porta.
Con
l’aiuto del Sig. Guardascione sono riuscito a fare un elenco dei cognomi delle
antiche
famiglie
bacolesi. Dall’analisi svolta è emerso che i cognomi possono essere raggruppati
in due categorie: la prima di origine sefardita spagnola e l’altra di Ebrei
napoletani, i cosiddetti regnicoli (Ebrei che da sempre vivevano sul
territorio). L’elenco che segue, in ordine alfabetico, tiene conto di queste
caratteristiche e cerca dove è possibile di spiegare il significato del nome.
1)
Belforte: cognome
sefardita spagnolo-portoghese.
2)
Bellitti: cognome
sefardita spagnolo, originariamente Bellitty.
3)
Benetozzi: cognome
sefardita spagnolo, italianizzazione del cognome Ben Doza.
4)
Bendivoglio, Bentivoglio,
Bentivogli: cognomi legati alla famiglia dei Carrannante, imposti ai
bambini che venivano adottati da questa famiglia. Le persone portatrici di
questo cognome venivano classificate «gente d’Abramo», dalla terminologia ebraica
bnei Avraham avinu, con cui vengono designati i convertiti all’ebraismo.
5)
Canetti: cognome
sefardita spagnolo.
6)
Capuano: cognome
ebraico napoletano.
7)
Carannante: cognome
ebraico napoletano.
8)
Colandrea: cognome
ebraico napoletano.
9)
Cordova: cognome
sefardita spagnolo. Presso queste famiglie viene ancora praticata la
circoncisione.
10) Castigliola, Costagliola,
Costigliola: queste famiglie potrebbero avere un’origine sefardita, come mutamento del cognome Da
costa.
11) Del Giudice: cognome
ebraico napoletano, diretta traduzione dell’ebraico Dayan.
12) Della Ragione, Dellaragione,
La Ragione: cognomi che derivano da un solo ceppo familiare, di origine napoletana. Secondo
l’antica tradizione bacolese gli appartenenti a queste famiglie insieme ai Del
Giudice erano le guide e i giudici della comunità, probabilmente le guide
spirituali, i rabbini.
13) Derviso: cognome di
probabile origine napoletana.
14) De Vivo: le famiglie
con questo cognome non sono tra quelle originarie ma con esse si sono fuse nel
corso del tempo. Ho inserito questo cognome tra quelli di origine ebraica in
quanto si riscontra all’interno di tali famiglie la diffusione dell’onomastica
biblica tipica dell’elemento marrano.
15) Di Benedetto: cognome
ebraico napoletano.
16) De Meo, Di Meo:
cognome ebraico napoletano.
17) Farro: cognome
sefardita spagnolo.
18) Franzese: cognome
sefardita spagnolo.
19) Guardascione:
cognome ebraico napoletano, originariamente «Guarda Sionne»
20) Illano, Illiano:
cognome di probabile origine sefardita, dall’ebraico ilan albero.
21) Liberto, Liberti:
cognome ebraico ancora diffuso a Napoli, antichissimo, in quanto presente
nell’area vesuviana nel I sec. E. V. Appellativo dato agli Ebrei affrancati
dalla schiavitù deportati in Italia a seguito delle guerre combattute da Roma
contro la Giudea.
22) Lucci: cognome
sefardita spagnolo, originariamente Luchi.
23) Palumbo: cognome
ebraico napoletano, dall’ebraico yona, colombo. Anche attestato tra gli
Ebrei di Rodi (Grecia) originari dell’Italia Meridionale.
24) Perreca:
cognome sefardita spagnolo.
25) Rabbino: cognome
molto probabilmente di famiglie napoletane, di chiara origine ebraica. Le
famiglie bacolesi che portano questo cognome provengono dalla frazione
«Cappella», il nucleo più antico della comunità bacolese.
26) Race: questo cognome conta
alcune famiglie appartenenti alla componente marrana originaria da lato
materno, per questo motivo ho preferito inserirlo nell’elenco. Il capostipite,
un certo Sig. Rax (di origine slava) sposò una marrana bacolese.
27) Romano: cognome
ebraico napoletano. Lo stesso cognome è attestato presso alcune comunità
ebraiche del Peloponneso che discendevano da famiglie emigrate dall’Italia
Meridionale dopo l’editto d’espulsione.
28) Salemme: cognome
sefardita spagnolo, diffuso anche in Sicilia e nell’Italia Meridionale, deriverebbe
dall’arabo as salam, pace, utilizzato come sinonimo di shalom, secondo
la spiegazione che veniva data da alcuni anziani di Bacoli portatori di questo
cognome: cosa veramente sorprendente, visto che queste persone sembravano non
avere alcuna reminiscenza della lingua ebraica.
Nell’analisi
svolta sui cognomi di origine ebraica presenti a Bacoli, ne ho riscontrati diversi
non appartenenti al gruppo originario ma provenienti dalle località vicine, tra
cui Napoli, per un lento processo d’immigrazione che ha interessato l’area di
Bacoli a partire dalla fine dell’800 e nel corso del ‘900.
Ho
ritenuto doveroso elencarli in una lista a parte.
1)
Alicante:
cognome sefardita spagnolo, di famiglia trasferitasi a Bacoli nel 1930.
2)
Anzalone:
cognome sefardita spagnolo, famiglia originaria di Monte di Procida.
3)
Ascione:
dall’ebraico «ah Sionne» derivazione dal cognome sefardita spagnolo Axione. La
famiglia è originaria da Napoli.
4)
Azzarello:
dal nome ebraico Azariyah. Famiglia proveniente da Napoli.
5)
Caiffa:
cognome sefardita spagnolo.
6)
Castiglia:
cognome sefardita spagnolo, di famiglia stabilitasi a Bacoli agli inizi
dell’800.
7)
Cavaliere:
cognome sefardita spagnolo.
8)
D’Avino:
cognome sefardita spagnolo, originario del regno d’Aragona, diffuso nel XIII
secolo nella Francia Meridionale nelle varianti d’Avino, Avino, Davin, Davins.
Deriva dall’ebraico avinu che significa nostro padre, appellativo dato
ad Abramo. Questo cognome è molto diffuso nell’area di Somma Vesuviana, che ospitava
un’importante
comunità ebraica, la sola nell’area vesuviana, convertitasi in toto
al cristianesimo probabilmente nel 1511. Il nucleo originario della famiglia
era a Terzigno, dove diffuso è il cognome Avino, matrice di tutte le variazioni
dello stesso (D’Avino, Davino). Nuclei di questa famiglia erano presenti tra i
marrani di Cava dei Tirreni e tra quelli che vivevano nell’isola di Maiorca.
Nell’elenco stilato dall’Ufficio dell’Inquisizione spagnola coloro che
portavano questo cognome erano da considerarsi di sangue ebraico. La famiglia
che vive a Bacoli è di provenienza napoletana.
9)
Escalona:
dall’ebraico Ashkelon.
10) Gesuè: di
origine napoletana.
11) Giacobbe: cognome di
famiglie napoletane, dall’ebraico Yaqob; proveniente da Pozzuoli.
12) Mele: cognome di origine
napoletana.
13) Navarra: cognome
sefardita spagnolo.
14) Pinto:
cognome sefardita spagnolo.
15) Sabatano, Sabatini:
di origine ebraica, dal nome Shabataj.
16) Sacco: contrazione
del nome Isacco, era presente sia in Spagna che in Sicilia, anche nella
variante Sacchi.
17) Salomone: cognome di
famiglie Napoletane di chiara origine ebraica.
18) Scimone:
cognome di origine spagnola, derivante dai cognomi Shimoni, Ximon (Simone).
19) Simeone, Simone:
dal nome ebraico Shimshon.
20) Spinosa: cognome
sefardita spagnolo, famiglia trasferitasi a Bacoli da Molfetta (Puglia).
Che
la coscienza ebraica sia presente ancora oggi in molti dei discendenti dei marrani
bacolesi
è un
dato incontestabile. Inconsapevolmente essi restano testimoni silenti di quegli
Ebrei che hanno sentito più forte l’attaccamento alla loro terra che alla loro
fede di origine. Si sono così trasformati in ibridi, non Ebrei e non del tutto
cristiani, in modo da poter continuare a vivere nella terra dove sia loro che i
loro antenati hanno avuto i natali.